Cinema

Peter Geenaway e i misteri di Casa Savoia

Peter Geenaway e i misteri di Casa Savoia

Peter Greenaway alla corte dei Savoia. Con Piero Chiambretti e Luciana Littizzetto, Ornella Muti, Martina Stella, Remo Girone, Iaia Forte, Ennio Fantastichini, Alessandro Haber, Mattia Sbragia, Valentina Cervi e tanti altri attori, in tutto 165, destinati a «ripopolare» la reggia di Venaria appena restaurata. Il regista ha finito di girare al Lumiq Studio di Torino, il teatro di posa più grande d'Europa. E' stanco, invece di andare a mangiare due bignole per festeggiare, preferisce tornare subito in albergo, quello di lusso, di fronte alle Porte Palatine. La sua opera sarà pronta in settembre, si intitola proprio Peopling the Palaces, è realizzata da Volumina su commissione di Reggia di Venaria, Castello di Rivoli e Regione Piemonte. Greenawy, il regista gallese dei Misteri di Compton House, del Ventre dell'architetto, sperimentatore straordinario, allestirà cinque grandi quadri (filmati) per una esposizione, che illustreranno momenti della vita a corte lungo due secoli, '600 e '700: il visitatore sarà accolto da personaggi, reali e virtuali nello stesso tempo, che lo introdurranno a palazzo, poi entrerà negli appartamenti privati del Duca, nelle cucine, andrà a caccia, sarà presentato alla corte, verrà introdotto nello «squadrone volante» di casa Savoia, una formazione inventata da Caterina de' Medici e poi copiata, quaranta damigelle di lusso sempre pronte a offrire i loro servigi in cambio di alleanze, informazioni, segreti. Greenaway si è documentato maniacalmente sul periodo, ha scritto i dialoghi, poi tradotti e recitati in italiano. Sono dialoghi storicamente corretti, ma assolutamente non convenzionali. E neppure quella che sta per realizzarsi sarà una proiezione convenzionale. Anche perché «il cinema ortodosso è morto», dice l'artista, consueto stile provocatorio. Come morto? «E' lui stesso che si spreca. Ha potenzialità enormi, e invece il suo modo di esprimersi è lo stesso di quando è stato inventato. Uno schermo, una sala, persone che guardano. Il cinema può dare di più, molto di più, deve stare in mezzo alla gente, interagire». E lei ce ne darà un esempio? «Lo spero. Mi piace questo progetto di ripopolare la Reggia: perché credo nella memoria presente, passata e futura». Memoria futura? Non è una contraddizione? «No, è la fantasia, l'immaginazione. Fino all'Ottocento la storia si conosceva attraverso la letteratura, poi ha cominciato a conoscersi grazie al cinema. Prima c'era Walter Scott, adesso c'è Ridley Scott: quanti si sono fatti un'idea dell'antica Roma attraverso Il Gladiatore, dopo duemila anni? Ci sono nuovi mezzi per raccontare il mondo e la storia. Bisogna superare il concetto di film e di museo tradizionale: io ambisco a un cinema totalizzante». Ennio Fantastichini e Ornella Muti sono il marchese e la marchesa di Caraglio, Giuseppe Battiston il cuoco Tomaso Foco, Martina Stella Antonia Cotta, la bella figlia del cuoco, Remo Girone il segretario, Mattia Sbragia il precettore Filippo Arduzzi, Alessandro Haber il medico di corte. E lei, Chiambretti, chi sarà? «Pensi che alla corte dei Savoia c'era davvero un Chiambretti, faceva l'allevatore dei cani da caccia». Interpreterà il ruolo del suo avo? «Macchè, sarò un paggio, vecchio, malvestito e checcheggiante. Con me, ci sono Luciana Littizzetto e Ugo Nespolo. Non siamo personaggi storici con nome e cognome, bensì dei pettegoli che commentano l'arrivo dei signori. Tra le scene di Greenaway, c'è la processione monumentale dell'arrivo a corte. Noi la guardiamo e diciamo la nostra». Il partner di Pippo Baudo al prossimo Festival di Sanremo («non si azzardi a chiamarmi valletto, nemmeno per scherzo») sta aspettando Baudo medesimo che arriverà a Torino per seguire la festa della nuova 500, hai visto mai che si possano prendere spunti anche di lì. Intanto racconta la sua giornata con Peter Greenaway. «Siamo rimasti lì dalle 13 alle 20. Prima in borghese, con il regista, che ci squadrava come fossimo a scuola. Io allora, sentendomi trattato come uno scolaro...», ha fatto il Pierino. «Appunto. Lui chiedeva a ognuno di noi quale fosse il suo ruolo. "Il paggio", ho detto io stentoreo, volevo sfottere. Così mi ha subito ribadito che ero un po' troppo vecchio». Ecco, servito. E poi? «E poi ha detto: "Preparatevi la parte, torno subito": siamo rimasti lì ad aspettare cinque ore cinque. Tutto gratis, eh, non creda. Ci hanno messo in testa le parrucche e addosso i costumi, il mio mi stava a pennello. Luciana faceva la "precieuse ridicule”, fortissima. Nespolo ha avuto qualche problema con le scarpe, non voleva mollare le sue, che però erano degli stivaletti da cow boy. Alla fine ci hanno sistemato, per la prima volta nella mia vita ho letto i testi su un gobbo gigantesco. Ecco, fatto, finito, tutti a casa. Ci rivedremo a settembre, miei cari, a palazzo».